mercoledì 18 maggio 2016

The Boy and the Beast - Recensione -


Titolo originale バケモノの子
Paese di produzione Giappone
Anno 2015
Durata 119 minuti
Regia Mamoru Hosoda
Soggetto Mamoru Hosoda
Studio Chizu


L'undici maggio sono andato a vedere il nuovo film di Mamoru Hosoda. Certo l'orario e il giorno non erano dei migliori, come da tradizione ormai consolidata nel panorama cinematografico italiano. Hosoda non è certo nuovo qui in Italia, basti pensare al bellissimo Wolf Children. Lucky Red visto che ormai le produzioni ghibli sono ormai finite e nuovi film non sembrano in produzione  porta in Italia il suo ultimo film (sotto l'etichetta Key film).

Kyuta è un bambino orfano di madre e con un padre scomparso. Decide di fuggire per non vivere con dei parenti che non gli mostrano il minimo affetto. Smarritosi per le strade di Tokyo incontra Kumatetsu, che dopo averlo portato nel proprio mondo ne fa il proprio allievo nell'arte del combattimento.


Con the Boy and the Beast Hosoda riprende molti elementi già espressi in Wolf Children (la difficoltà di crescere, le scelte legate alla propria vita, il senso di vuoto che ognuno porta dentro di se; uniti a un mondo con elementi fantastici messi in un contesto realistico). Il protagonista è un ragazzino che si sente abbandonato dal proprio padre e dalla società in cui non riesce più a trovare posto, finendo per trovare rifugio grazie all'aiuto di Kumatetsu nel mondo dei demoni (non è difficile scorgere in esso una sorta di rifugio idilliaco di stampo medievaleggiante dal pressante mondo moderno). Sarà proprio nel mondo dei demoni che il ragazzo troverà un padre putativo nel demone orso. Kutematsu non è certo a prima vista il miglior esempio per il ragazzo; essendo svogliato, attaccabrighe ed egocentrico; ma sarà la loro comunanza di fondo (sopratutto nel passato di entrambi), nonostante i continui battibecchi, a fargli diventare inseparabili. In un legame che supera il rapporto maestro allievo e si avvicina molto di più a quello famigliare. Il rapporto tra Kumatetsu e Kyuta è un rapporto che si fonda su un'atipico scambio equivalente, il ragazzo vista l'incapacità del proprio maestro di insegnare le sue tecniche a causa del suo egocentrismo deve apprendere l'arte emulando le mosse del proprio insegnate per poi trovare un suo stile personale (come un figlio che imita il proprio padre), trovando alla fine la forza per affrontare il proprio mondo; Il demone invece apprende grazie al suo allievo ad essere più riflessivo e calmo nei combattimenti, non più nel combattimento fine a se stesso, finendo per trovare un figlio/allievo tanto desiderato in Kyuta.

Sicuramente il punto forte del film è il rapporto che si forma tra i due protagonisti, tanto diversi tra loro da finire per diventare un tutt'uno unico e indivisibile  da cui i due entrambi trovano reciproco vantaggio. Il film sa ben gestire i tempi comici con i momenti più seri. Ad affiancare i due ci sono un monaco dalle sembianze suine (che sarà una sorta di elemento materno per Kyuta) e una scimmia casinista (ovviamente ogni riferimento a un certo "viaggio in Occidente" è puramente causale :) ). Sicuramente ben poco riuscito è il rapporto tra il protagonista e Midori, fin troppo artefatto e fuori contesto. Interessante invece il discorso delle debolezze umane rappresentate da una sorta di buco nero presente nel centro del petto, che nel mondo umano trova il suo corrispettivo nella balena bianca presente nel romanzo Moby Dick di Melville.

Il film di Hosoda riesce a dare il meglio di se nella prima metà del film, quella che vede i due protagonisti confrontarsi e crescere, per poi calare nella seconda parte. Dove Kyouta sembra rigettare un po' troppo facilmente il rapporto creato con Kumatetsu e il suo mondo, ma si comprende che il tutto è volto come simbolo della maturità del personaggio che abbandona i propri traumi infantili per diventare adulto (comprensibile invece il rapporto con il padre naturale). Forse il vero problema sta nella cattiva scelta di tempistiche e motivazioni che portato il ragazzo ad ritornare al proprio mondo.

Ottimo il comparto tecnico, con animazioni fluide e dai colori sgargianti. Fantastica la scena iniziale che ci informa del mondo demoniaco e dei suoi occupanti mettendo in campo i personaggi principali come delle figure fiammeggianti su sfondo nero (come se stessimo ascoltando una storia raccontata davanti ad un fuoco). Gli effetti in cgi sono buoni, anche se la folla animata in computer grafica è una delle più imbarazzanti che abbia mai visto per la pochezza realizzativa e la scattosità dei movimenti (sembrano tratti da un videogioco dei primi anni 90). Ottimo il doppiaggio italiano, che mantiene i termini giapponesi senza cercare di tradurli in modo artefatto in italiano. Il cast italiano è ottimo, sopratutto Pino Insegno che sembra aver trovato il personaggio più adatto per il suo timbro vocale (veramente stupefacente la sua performance).

Il film di Hosoda mi ha piacevolmente colpito, nonostante qualche piccola pecca. Una bellissima storia di formazione, con un'ottima regia. Sicuramente da vedere, sopratutto con chi non mastica animazione giapponese o da vedere con la propria famiglia.

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